L’Italia oltre i confini
rubrica a cura di Luca Cancelliere
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VEGLIA
L’isola di Veglia costituisce la terra più settentrionale dell’antico Regno di Dalmazia, nonché l’isola più grande del Quarnero. Nell’odierna Repubblica di Croazia, Veglia appartiene alla c.d. “Contea Litoraneo-Montana” con capoluogo Fiume. L’isola è collegata alla terraferma da un ponte a doppia arcata, che passa attraverso il contiguo isolotto di San Marco, costruito nel 1980. L’isola ha clima mediterraneo, rilievi interni boscosi non superiori ai 200 metri, coste battute dalla bora e un paio di brevi corsi d’acqua, la Fiumera e la Vretenica. Già dal 1866 l’isola ha manifestato una spiccata vocazione turistica. Oggi è divisa in sette comuni: Veglia, Bescanuova, Dobrigno, Malinsca-Dubasnizza, Castelmuschio, Ponte e Verbenico.
Costantemente abitata sin dal Neolitico, Veglia fu possedimento dei Giapidi e il suo nome classico greco e latino (“Curicta”) deriva dalla lingua illirica di costoro, nella quale significava “isola di pietra”. Dall’antico nome classico deriva il toponimo croato “Krk”. Tuttavia, già in epoca romana venne adottato il nuovo nome latino “Vecla”, poi ripreso dai Bizantini. Detto toponimo a sua volta deriva dal greco classico “Veja”, presumibilmente con il significato di “città del sole”. Da questo toponimo deriva il toponimo dalmatico, veneto e italiano “Veglia”.
I Romani arrivarono a Veglia nel II secolo a.C. e nel 49 a.C. le acque dell’isola videro la vittoria navale di Giulio Cesare sui Pompeiani. Nel 437 d.C. l’isola passò dall’Impero Romano d’Occidente a quello d’Oriente, per poi far parte dei possedimenti degli Eruli di Odoacre, degli Ostrogoti e infine, dopo la guerra greco-gotica, dell’Impero Bizantino, all’interno del quale dipese prima dall’Esarcato di Ravenna e poi da Zara. Durante il IX secolo, dopo un brevissimo dominio franco, si stabilirono nelle campagne dell’isola i primi nuclei croati, pur restando le città schiettamente latine.
Questo fu il preludio dell’infeudamento dell’isola al re croato Tomislav, che però provocò per reazione l’avvicinamento dell’elemento cittadino romanzo a Venezia. Nell’anno 1000, durante la famosa spedizione del Doge Pietro Orseolo in Istria e Dalmazia, Veglia giurò obbedienza a Venezia che vi stabilì come rettore Dario Frangipane. Durante il secolo XI Veglia fu contesa tra Bizantini e fautori dell’imperatore germanico, mentre i Benedettini provenienti dall’Italia arginavano dal punto di vista ecclesiastico e culturale la penetrazione del clero croato di rito glagolitico.
L’isola finì nel 1069 sotto il controllo del re croato Cresimiro e nel 1102 del re ungherese Colomanno, ma le vessazioni dei croato-ungheresi spinsero i Veglioti a insorgere con l’aiuto di Venezia e a cacciare gli oppressori nel 1115: l’evento venne commemorato negli anni a venire come la “festa dei 40 martiri”. Dopo di allora si consolidò sull’isola il potere feudale della già citata famiglia Frangipane, vassalla e tributaria di Venezia fino al 1358, come testimoniato da un documento del 1163 in cui sono citati i nomi di 280 notabili dell’isola, tutti schiettamente italiani o comunque romanzi.
I Frangipane erano divisi tra un ramo veneziano, insediato a Veglia, e un ramo friulano, ottennero feudi nella terraferma tra Segna e la Val di Vino (Vinodol) e in Dalmazia (Brazza, Lesina, Curzola, Lagosta) da Andrea d’Ungheria nel 1220, finendo per croatizzarsi con il nome di Frankopan.
Lo status dell’isola di Veglia, giuridicamente in bilico tra la Repubblica di Venezia e il Regno d’Ungheria, risentì delle contese tra i Frangipane e la Corona di Santo Stefano, in particolare quando Mattia Corvino, nel 1480, sottopose ad assedio la fortezza dei Frangipane a Castelmuschio di Veglia. Giovanni Frangipane preferì perciò cedere i suoi diritti su Veglia alla Serenissima in cambio dell’accettazione nell’aristocrazia veneziana e altri benefici di natura economica. Veglia sarebbe rimasta sotto la diretta sovranità veneta, all’interno della Dalmazia, fino al 1797. Da allora la storia di Veglia costituisce una parte della storia dello Stato veneziano, che protesse le foreste dell’isola pur consentendone un uso controllato per la cantieristica navale e si avvalse dei Veglioti per la propria armata di mare. I Veglioti parteciparono nel 1509 all’assalto e alla distruzione di Fiume nell’ambito della guerra tra Venezia e la coalizione tra Asburgo e pirati uscocchi e nel 1571, con la nave “Maddalena” al comando di Ludovico Cicuta, alla celebre battaglia di Lepanto.
Durante la Repubblica di Venezia e fino al 1918 la popolazione di Veglia restò divisa in due parti dal punto di vista etnico e linguistico: Italiani gli abitanti delle cittadine dell’isola e Croati gli abitanti delle campagne. Anche durante la dominazione asburgica, iniziata nel 1797 con la sola parentesi napoleonica del 1806-1809, questo stato di cose non mutò. I Veglioti si dedicarono in primo luogo alle attività armatoriali e marinaresche, anche grazie alla crescita dei traffici commerciali.
Alla fine del secolo XIX si estinse a Veglia l’antico idioma locale pre-veneto, ovvero il veglioto, ormai soppiantato dal dialetto veneto e dalla lingua italiana nella componente romanza della popolazione isolana. Questo idioma romanzo, strettamente legato all’antico dalmatico, di cui è considerato la variante settentrionale, era la derivazione diretta del latino parlato dagli Illiri romanizzati della Dalmazia romana, con uno sviluppo intermedio tra il romeno e le parlate ladine (tra cui la più meridionale è l’istrioto, ancor oggi parlato in Istria anche se a rischio di estinzione). L’ultimo parlante il veglioto fu Antonio Udina, detto “Tuone Udaina” nell’idioma locale, operaio deceduto nel 1898 a seguito di un incidente sul lavoro. Il massimo studioso del dalmatico e del veglioto fu il celebre glottologo istriano Matteo Bartoli, che nel 1906 dedicò a questo idioma un’opera in due volumi in lingua tedesca (“Das Dalmatische”).
Sotto l’Austria, Veglia inizialmente passò dalla Dalmazia al Circolo di Fiume (1815) e poi al Litorale Austriaco, per la precisione al Margraviato d’Istria (1821). Occupata nel 1920 dai legionari fiumani di D’Annunzio su richiesta del consiglio comunale di Veglia, l’isola fu tuttavia assegnata dal trattato di Rapallo del 1921 al Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni (dal 1929 Jugoslavia). Ciò comportò un primo esodo della popolazione, che tuttavia non impedì alla cittadina di Veglia, la maggiore dell’isola, di restare a maggioranza italiana fino al secondo dopoguerra, con la presenza di una scuola italiana e di un circolo italiano di cultura. Tra il 1941 e il 1943, l’isola Veglia fu annessa al Regno d’Italia e incorporata nella provincia di Fiume, unitamente all’isola di Arbe e ad alcune località dell’entroterra orientale di Fiume. Ma la tanto attesa Redenzione di Veglia fu quanto mai effimera: il 15 ottobre 1943 l’isola entrò a far parte della “Operationszone Adriatisches Küstenland” (Zona operazioni litorale Adriatico), controllata dal Terzo Reich anche se sotto nominale sovranità italiana, per poi essere occupata dall’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia nel 1945. Dopo il 1947 la popolazione italiana residua esodò quasi completamente. Nel 1991, dopo la fine della Jugoslavia e la nascita della Repubblica di Croazia, si è ricostituita una Comunità degli Italiani a Veglia, aderente all’Unione Italiana (ex Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume) con nuclei anche a Castelmuschio e Malinsca-Dobasnizza.
LUCA CANCELLIERE